Il mio nome è Connery, Sean Connery
Scomparso l’attore scozzese reso famoso al grande pubblico per le interpretazioni dell’agente segreto 007.
di Enrico Daniele.
31-10-20 Una data che non dimenticheranno facilmente i fans dell’agente segreto più famoso al mondo, James Bond, il personaggio uscito nel 1953 dalla penna di Ian Fleming e portato al successo da Sean Connery, scomparso sabato scorso all’età di 90 anni nella sua residenza alle Bahamas.
Anche gli appassionati di numerologia si sono affrettati ad osservare che la somma dei numeri che compongono la data di morte di Connery, straordinariamente dà come risultato 007, quasi che una mano soprannaturale abbia voluto unire per sempre il ruolo e l’attore scozzese.
Uno scherzo beffardo del destino, perché Connery amava e odiava allo stesso tempo quel ruolo che lo aveva sì fatto diventare famoso in tutto il mondo, ma che rischiava di identificarlo solo per le sue sette – ancora lo stesso numero che si ripete – interpretazioni dell’agente segreto con licenza di uccidere, al servizio di sua Maestà la Regina.
Perciò, l’attore scozzese, già dopo la quinta apparizione con il tipico smoking nero in “Agente 007 – Si vive solo due volte” del 1967, avvertì la produzione che non avrebbe più proseguito nell’interpretare il personaggio di James Bond. Tuttavia, dopo che il suo sostituto, l’australiano George Lazenby, non ebbe i favori del pubblico nell’interpretazione del sesto capitolo della saga, “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà” del 1969, i produttori Broccoli e Saltzman condussero una estenuante trattativa e convinsero Connery a recitare ancora in “Agente 007 – Una cascata di diamanti” del 1971, prima di cedere il ruolo a Roger Moore. Ma Connery tornerà ancora una volta, stavolta veramente l’ultima, nel remake di “Thunderball” interpretando 007 in “Mai dire mai” del 1983, film fuori dal circuito ufficiale della Broccoli & Saltzman.
Entrato nell’immaginario collettivo come icona di stile e indiscusso sexy-symbol, scaltro, ironico, seducente e anticonvenzionale nei panni di 007, svincolatosi definitivamente dal personaggio, Connery diede il meglio di sé anche in ruoli diversi e più impegnativi, dimostrando capacità e versatilità lavorando con molti celebri registi.
Memorabile la sua interpretazione di Guglielmo da Baskerville ne “Il nome della rosa” diretto di Jean-Jacques Annaud, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Umberto Eco. Connery vince il Premio BAFTA come miglior attore. Però la definitiva consacrazione, suggellata dall’Oscar al miglior attore non protagonista, resta quella nel capolavoro di Brian de Palma “The Untouchables – Gli intoccabili”, pellicola del 1987 con protagonista Kevin Costner dove il divo scozzese interpreta il ruolo dell’incorruttibile poliziotto Jimmy Malone.
Nel 1989 è il papà di Harrison Ford nel film “Indiana Jones e l’ultima crociata” diretto da Steven Spielberg, mentre vestirà i panni di ladro, complice di Catherine Zeta Jones, in “Entrapment” del 1999 di Jon Amiel.
Ma il grande pubblico lo ricorda anche nel fantascientifico “Zardoz” di John Boorman, giudicato il miglior film di fantascienza degli anni ’70, nell’ “Assassinio sull’ Orient-Express” del 1974 per la regia di Sidney Lumet e, più in là nel tempo, in “Highlander – L’ultimo immortale” del 1986 a fianco di Christopher Lambert o nei panni di Marko Ramius, il comandante del sommergibile sovietico in “Caccia ad Ottobre Rosso” del 1990.
Nella vita privata Connery era stato sposato una prima volta con l’attrice australiana di origini italiane, Diane Cilento, dalla quale ha avuto un figlio, Jason (1963) e, dopo il divorzio, si era risposato nel 1975 con la pittrice franco-marocchina Micheline Roquebrune, che gli è rimasta a fianco sino alla sua morte e con la quale negli anni ’90 si era definitivamente trasferito alle Bahamas.
Forte difensore delle politiche a protezione del clima e sostenitore del progetto di Al Gore, Connery è stato anche strenuo sostenitore della campagna per l’indipendenza della Scozia. Sono famose le sue uscite pubbliche in kilt e lo “Scotland Forever”, il tatuaggio sul braccio destro impresso sin dai tempi del suo arruolamento nella Marina Militare britannica.
Ciononostante, nel 2000, la Regina Elisabetta II lo aveva insignito del titolo di “Sir”.