I servizi segreti italiani spiavano i Fab durante il loro tour italiano nel 1965.
Il compleanno di Lennon, l’uomo che “immaginava” un’utopia.
Ci ha lasciato Eddie Van Allen, il “Paganini” della chitarra elettrica.
di Enrico Daniele.
Gli 007 nostrani sulle orme Beatles.
Mi capita sovente presentare spettacoli musicali con canzoni o tematiche inerenti i Beatles e, ogni volta, la difficoltà maggiore è quella di trovare argomentazioni per intrattenere il pubblico nelle pause tra le performances dei gruppi chiamati ad interpretarne le canzoni, senza annoiarlo con i soliti racconti. Difficoltà dovuta al semplice fatto che dei Beatles si sa praticamente tutto.
Tuttavia, adesso ho un argomento in più da approfondire e sviluppare per i prossimi miei intrattenimenti per il pubblico, grazie alle rivelazioni di Guido Crapanzano, conosciuto a livello internazionale come illustre numismatico, un po’ meno per essere stato, con il suo complesso, nientemeno che gruppo spalla nella tournée italiana dei Beatles.
Era il giugno del 1965 e “Guidone e gli Amici”, questo il nome del complesso fondato da Crapanzano nel 1963, furono scelti dall’organizzatore delle tre date italiane dei Beatles (Milano, Genova e Roma) e con loro altri artisti quali Fausto Leali, Peppino Di Capri, i New Dada, Le Ombre e Angela.
Nell’intervista per il sito web CoolMag, Crapanzano ha confidato al giornalista Rai Michele Bovi che l’organizzazione gli aveva affidato una stanza d’albergo vicino a quella dei Beatles e, grazie al suo fluente inglese, era l’unico ad avere uno stretto contatto con il loro entourage. Se avessero avuto necessità di qualcosa si sarebbero rivolte a lui, anche solo per…una bottiglia d’acqua, ricorda Crapanzano.
Fin qui niente di straordinario, tuttavia “Guidone” ricorda di essere stato avvicinato da una persona che gli era stata presentata dall’organizzazione come giornalista ma, dalle domande che il tizio gli aveva posto, gli sembrò piuttosto un uomo dell’intelligence italiana. “Non voleva un’intervista – ricorda Crapanzano – ma soltanto ragguagli sull’ambiente italiano dei musicisti e segnatamente sui quattro artisti inglesi: la preoccupazione maggiore mi sembrò fosse riferita all’uso di stupefacenti. Fui felice di testimoniargli che l’unica droga di cui John, Paul, George e Ringo dimostravano di fare ampio uso era la musica”.
Non c’è da stupirsi più di tanto dell’interessamento degli 007 italiani perché il “fenomeno Beatles”, scoppiato già da qualche anno, era destinato a cambiare non solo la musica, ma influenzare significativamente gli usi e i costumi dei giovani di allora e di molte generazioni successive.
Tanti auguri John.
Ucciso l’ 8 dicembre 1980 per mano di Mark David Chapman, ex guardia giurata con un passato di tossicodipendenza e fan dei Beatles e di Lennon in particolare, il 9 ottobre John avrebbe compiuto 80 anni.
Ne sono passati 40, ma è come non lo fossero. Di lui e dei Beatles, infatti, non passa giorno che non si parli, non si scriva, non si ascolti, non si veda qualcosa.
Lennon, se oggi fosse con noi, di certo rinnoverebbe al mondo quella sua grande utopia, riassunta meravigliosamente nella magnifica, quanto assolutamente attuale “Imagine”. Una canzone che è un inno pacifista per eccellenza, ma non solo. L’idea di un mondo senza confini, di un’umanità senza il bisogno di possedere e quindi senza la necessità di uccidere o sottomettere qualcuno per ottenere ricchezza e potere. Un mondo senza più fame, dove non è necessaria alcuna religione, se non l’unica, universale, raccolta nel nuovo significato dato alla parola “love”, intesa da Lennon in maniera differente da come le “canzonette” l’avevano sin prima definita – amore tra un uomo e una donna – ora sublimata nel più ampio e globale concetto di amore planetario: quel “pace & love” presente nell’immaginario collettivo dei giovani di allora.
La sua utopia, purtroppo, è rimasta tale, ma ci piace immaginare l’occhialuto ottantenne Lennon ancora a fianco di Yoko Ono nelle sue performance pacifiste a gridare al mondo che ciò che serve è altro rispetto a quanto, ancora oggi, ci vogliono far credere.
Ciao Eddie!
Vinto da un male incurabile che lo aveva aggredito ormai da vent’anni, il 6 ottobre scorso all’età di 65 anni ci ha lasciato Eddie Van Allen, fondatore nel 1972 assieme al fratello Alex dell’omonima band hard rock progressivamente virata nel genere heavy metal.
Di origini olandesi, ma naturalizzato statunitense, Eddie è considerato tra i più grandi virtuosisti della chitarra elettrica, dotato di uno stile originale ed innovativo, sempre ai vertici nelle classifiche dei migliori chitarristi.
Capace di estrarre ogni volta qualcosa di “impossibile” dalla sua sei corde, si meritò l’appellativo di “Paganini” della elettrica, quasi a identificare le sue performance come uniche ed irripetibili, come quelle del sommo violinista genovese dell’Ottocento.