Lucky Mike!

Storia di un personaggio diventato un mito: il mio.

di Enrico Daniele

(Credits: l’ immagine di copertina raffigurante la locandina della mostra allestita a Palazzo Reale di Milano in occasione dei 100 anni dalla nascita proviene dall’Archivio della Fondazione Mike Bongiorno. Le altre immagini sono dell’autore del presente articolo, scattate in occasione della visita alla mostra. L’immagine che ritrae l’attore Claudio Gioele nei panni di Mike Bongiorno è tratta dalla fiction Rai mandata in onda a Novembre 2024 )

A cento anni dalla sua nascita, non potevo esimermi dallo scrivere un mio pensiero su colui che, negli anni, è diventato il mio mito, Mike Bongiorno.

Di recente ho visitato la mostra allestita a Palazzo Reale di Milano, che ripercorre in maniera molto dettagliata la vita privata e professionale del presentatore italoamericano, pioniere della televisione italiana.

In fondo al pezzo, ho riassunto una biografia, per chi non conoscesse la sua storia, basandomi principalmente sul catalogo della mostra, sul sito della Fondazione a lui intitolata e su testimonianze ed articoli reperiti in rete.

IL MIO PERSONALE RICORDO

Se è vero il detto che “la fortuna è cieca” nel caso di Mike si può altrettanto dire che “la fortuna – invece – ci ha visto bene”. Benissimo, aggiungo io, perché più volte scampato a morte certa durante la guerra, ma anche nella vita, quella professionale, dove la fortuna se l’è cercata ed essa lo ha ricambiato con innumerevoli successi.

Nel suo lungo percorso professionale, fin dagli esordi in radio, Mike Bongiorno ha accomunato molte generazioni che hanno apprezzato il suo stile garbato, rispettoso del pubblico e dei concorrenti nelle sue trasmissioni.

Eticamente corretto sul lavoro, assolutamente ottimista nella vita.

L’ “Allegria!” con la quale salutava i telespettatori dal tubo catodico sin da quando era ancora in bianco e nero, era contagiosa e ipnotizzava il pubblico, facendo dimenticare per un po’ i problemi quotidiani. Autoironico, al punto tale da far dire che le sue famose “gaffes” fossero costruite ad arte, cosa a cui personalmente non credo.

Un personaggio diventato iconico, simbolo anch’egli di un’Italia in pieno boom economico ed entrato di forza nell’immaginario collettivo.

Uomo di spettacolo, certo, ma mai sopra le righe, nemmeno quando la critica lo aveva stroncato (spesso anche in maniera dura e spietata, come fece Umberto Eco nel suo saggio) salvo poi essere riabilitato come promotore di cultura, in un’Italia, agli inizi degli anni ’60, dove la scolarizzazione era ancora poco diffusa. Di lui, il critico Aldo Grasso in occasione della mostra per il centenario dalla nascita ha scritto: “Bisogna ricordare che in un Paese di dialetti e arretratezza quel “giovanotto americano” ha regalato conoscenza e una lingua unica”.

In tanti lo hanno pianto alla sua scomparsa e molti lo rimpiangono anche oggi, quando in tv imperversa il “trash” e la litigata è all’ordine del giorno; l’attuale carenza di cultura negli spettacoli d’intrattenimento non è nemmeno paragonabile con quella, falsamente presunta, degli spettacoli a quiz di Mike. Mai come oggi, infatti, si sente la mancanza di personaggi popolari sì, ma professionalmente più seri ed eticamente corretti.

Per quelli della mia età, sono nato nel 1959, credo che la trasmissione simbolo che ha reso popolare Mike sia senz’altro il “Rischiatutto”.

Lo è stato sicuramente per me che, da giovane, ne ho copiato le gesta in un programma “fatto in casa”.

Studiavo alle medie in un collegio diretto da una congregazione di scuola francese e l’insegnamento, pur rigido dato il periodo e il contesto, prevedeva anche l’intrattenimento.

Tuttavia, erano poche le occasioni per godere degli spettacoli televisivi: la domenica pomeriggio il calcistico “Novantesimo minuto” e al giovedì tutti incollati alla tv per il “Rischiatutto”, senz’altro preferito dai nostri educatori agli show del sabato sera, quando faceva capolino il troppo audace – per l’epoca – ombelico della Carrà, nel famoso “Tuca tuca” con l’Albertone nazionale.

Ricordo che nella grande “sala ricreazione” realizzammo una scenografia in tutto e per tutto simile all’originale, con tanto di tabellone luminoso, le colonne con i numeri dentro gli “ovali”, le cabine dove sedevano i concorrenti, le buste con le domande finali.

A me toccò la parte del presentatore, il “Mike della situazione”, e la mia valletta…una delle suore che all’interno del collegio normalmente si occupavano della mensa. Niente a che vedere con la Sabina Ciuffini televisiva ma… di necessità virtù!

Il mito di Mike in me nacque a quel tempo, erano i primi anni ’70, e mi è rimasto dentro tutt’ora.

Oggi mi diletto a presentare spettacoli, a scandire i risultati allo stadio nelle partite di rugby, ad intrattenere il pubblico con qualche dj set, ma ogni volta che prendo in mano un microfono, mi viene in mente quel “Rischiatutto fatto in casa” e Mike Bongiorno, del quale conservo un gran bel ricordo.

Ebbi l’occasione di vederlo dal vivo una sola volta, ma quasi lo toccai con mano quando venne a Padova a presentare, assieme a Luisa Corna, la V° edizione del Premio Sant’Antonio, realizzato sul sagrato della Basilica del Santo. Era il giugno del 2006 e lo ricordo vestito con un brillante blazer azzurro cielo, che non temeva la prorompente concorrenza estetica della bella e statuaria Corna.

Di recente ho visitato la mostra allestita a Palazzo Reale di Milano e dalla quale ho tratto, sintetizzandola, la biografia che potete trovare dopo questo pezzo.

L’ho definito “lucky Mike”, un uomo fortunato scampato alla morte da giovane, ma che ha cercato e voluto la sua fortuna che, di fatto, lo ha reso il personaggio che è stato.

Concludo il mio ricordo ancora con le parole di Aldo Grasso che scrive: “Mike è stato un uomo felice con qualche ferita (l’ultima, il disamore da parte di Mediaset): basta ricordare l’entusiasmo con cui ogni giorno partecipava alle ospitate tv, ai programmi di Fiorello, che gli ha regalato non una seconda ma un’eterna giovinezza”.

LUKY MIKE – La biografia

Michael Nicholas Salvatore Bongiorno era nato a New York il 26 maggio del 1924, dall’avvocato italo americano Philip, di nobili origini siciliane, e da Enrichetta Carello, figlia di un famoso industriale torinese che produceva fanali per auto.

DAGLI STATES ALL’ITALIA

La fortuna di Mickey – così era chiamato da piccolo – inizia quando la sfortuna si accanisce contro la sua famiglia, colpita inesorabilmente dal “giovedì nero” della borsa di Wall Street nel 1929.

Trasferitosi in Italia con la madre, che intendeva rimanerci solo per qualche tempo, alla fine vi resta per anni e nel 1943, Mickey conosce casualmente il caporedattore sportivo de “La Stampa” Luigi Cavallero. Diventa il suo “galoppino” per resoconti di gare sportive.

PARTIGIANO IN GUERRA E PRIGIONIERO SCAMPATO ALLA MORTE

Siamo in piena Seconda guerra mondiale.

Diventa staffetta partigiana e nella fuga per raggiungere la Svizzera neutrale, incappa in un rastrellamento nazista. Si libera dei documenti scottanti che aveva con sé, e anche del passaporto americano.

Sarà la sua fortuna perché un ufficiale della Gestapo, recuperati i documenti e con essi il suo passaporto, capisce l’importanza di avere un americano fra i prigionieri e questo salva Michael dalla fucilazione certa.

Internato nel “raggio della morte” al San Vittore, si prodiga nello scambio dei messaggi segreti tra i prigionieri e qui riesce perfino ad incontrare la mamma che lo pensava morto, anch’essa reclusa nella “sezione donne” del carcere.

Trasferito nei campi di concentramento prima a Bolzano, poi a Reichenau in Austria ed infine a Spittal in Carinzia, sfugge alla infausta sorte toccata a molti altri compagni di sventura. Diventa “preziosa merce di scambio” tra prigionieri americani e tedeschi e, incredibilmente, ritorna a New York imbarcato su una nave.

IN AMERICA DIVENTA PROFESSIONISTA, IN ITALIA SARA’ MIKE

In America inizia il suo straordinario percorso professionale.

Infatti, per la prima volta prende in mano un microfono di “Voice of America”, una radio che trasmette notizie anche in Italia, e poi anche in altre emittenti. L’esperienza nelle radio americane forgia il futuro di Michael che, dopo un fortunoso incontro con alcuni giornalisti Rai e tornato in Italia corrispondente per una trasmissione dell’americana WOV, viene contattato da Vittorio Veltroni, caporedattore del nucleo giornalistico della nascente televisione italiana.

PIONIERE NELLA NEONATA RAI TV

Veltroni lo convince a rimanere in Italia, contro la sua decisa riluttanza, e a lavorare in una trasmissione televisiva sperimentale, “Arrivi e Partenze”, che diventerà poco dopo il primo programma del palinsesto inaugurale dalla Rai Tv, nata il 3 gennaio del 1954.

Michael diventa così “Mike”, nomignolo affibbiatogli dallo stesso Veltroni.

Da quel momento in poi, inizierà il lungo sodalizio tra la Rai e Mike che, a ragion veduta, sarà considerato a pieno titolo uno dei fondatori della televisione italiana.

In radio conduce i primi quiz, alternandoli a quelli in televisione. Il successo arriverà immediatamente.

Nel 1956 “Lascia o Raddoppia”, un programma a quiz nato su un format americano che aveva già avuto successo in Francia, ipnotizza gli italiani che, ogni giovedì sera, si trovano riuniti da qualsiasi parte dove ci sia un, allora raro, apparecchio televisivo. Questo sino al 1959, dopo 191 puntate quando “Campanile sera” prenderà il suo posto per altre 117 puntate, sino all’ottobre del 1962.

IL FENOMENO MIKE BONGIORNO

La critica televisiva comincia a valutare il “personaggio Mike Bongiorno” e un giovane Umberto Eco ne descrive la “fenomenologia” in un saggio che stronca a piè pari il presentatore italo americano, definendolo – tra l’altro – “campione di mediocrità e di conformismo”.

Mike, al quale non piacque mai il pensiero di Eco, tira avanti dritto per la sua strada, sostenuto da una parte della critica che, invece, lo considera istruttivo in un’Italia appena entrata nel boom economico, ma ancora molto analfabetizzata.

Dai quiz a “Sanremo” (alla fine ne presenterà 11) e agli spettacoli di musica leggera: Mike è instancabile.

Ne “La fiera dei sogni” nasce un suo marchio di fabbrica: quel “Allegria!” con il quale il presentatore amava salutare il suo pubblico, come era diventato famoso il ricorrente “amici ascoltatori”.

Tuttavia, l’imminente contestazione giovanile cambia l’opinione pubblica e porterà Mike ad una pausa di riflessione.

Torna negli States, dove rivedrà per l’ultima volta un padre assai cambiato, ma ritornerà presto nella sua patria adottiva con un nuovo progetto, basato su una trasmissione americana a quiz intitolata “Jeopardy!”.

Però, nel frattempo, in Rai le cose sono cambiate. Bussa a tante porte, ma non gli dà retta quasi nessuno, salvo Carlo Fuscagni, un funzionario lungimirante che crede nel suo nuovissimo progetto.

LA CONSACRAZIONE A RE DEL QUIZ COL RISCHIATUTTO

Il 5 febbraio del 1970, sul secondo programma Rai, andrà in onda la prima puntata della trasmissione che consacrerà definitivamente Mike come indiscusso “Re del Quiz”: il “Rischiatutto”.

Palcoscenico di iconici concorrenti entrati nell’immaginario collettivo (Massimo Inardi, Giuliana Longari, Andrea Fabbricatore, solo per citarne tre famosissimi), il quiz è teatro di memorabili siparietti tra Mike e “l’inflessibile notaio” Ludovico Peregrini (che diventerà “il signor No”), o quelli con Sabina Ciuffini (prima “valletta parlante” della televisione).

Nella conduzione del programma Mike, tra il garbo e la compostezza con la quale si rivolge ai concorrenti, rivela ai telespettatori anche una certa “ingenuità”, leggera e divertente. Infatti, diventano memorabili le sue “gaffes”, cui forse la più famosa rimane quel “Ahi ahi ahi signora Longari, mi è caduta sull’uccello”, frase molto probabilmente mai pronunciata; o “Cos’è quella cosa lì che le pende in mezzo alle gambe?“, riferita ad un concorrente che indossava una vistosa cintura; e ancora “Abbiamo Romina Power che ce la fa vedere“; e “Ma chi sarà questo signor Paolo Vi del quale non ho mai sentito parlare?“, in riferimento a Papa Paolo VI.

Grazie alla rapida evoluzione della società, dopo il boom economico degli anni’60, al grido di “fiato alle trombe Turchetti” il Rischiatutto diventa il capostipite dei quiz moderni, con i tabelloni luminosi, le cabine coi pulsanti, il “rischio”, le buste con le domande (“…la uno, la due o la tre…” con la “e” aperta, riproposta in anni recenti negli sketch di Fiorello, strabiliante imitatore, ammiratore e riscopritore di un Mike ormai pensionato della televisione).

Tutto questo sino al 1974 per 5 edizioni, sempre al giovedì sera e sempre con una grande audience di pubblico e critica.

Dopo una breve parentesi alla tv svizzera, rientra i Rai e, anche stavolta, il successo sarà immediato: “Scommettiamo” debutta nella tv “a colori” il 5 gennaio del 1978, cui seguirà “Flash” a dicembre del 1980, ultimo programma in Rai per Mike Bongiorno che, già tre anni prima, era stato contattato da un rampante imprenditore milanese, con il quale Mike passerà dalla tv statale alla tv commerciale: Silvio Berlusconi.

LA COLLABORAZIONE CON LE TV DI BERLUSCONI

La collaborazione con Berlusconi coincide con la nascita di Canale 5, primo vero network nazionale privato, mentre Mike è ancora sotto contratto con la Rai. Mike intuisce le potenzialità di questa fase di cambiamento epocale della tv e si inventa “Bis” che riproponeva il format di una trasmissione simile del 1962, ma con la grande idea di coprire una inusuale fascia oraria, quella della tarda mattinata.

La trasmissione va in onda a mezzogiorno, con gli italiani seduti a tavola, tutti i giorni sino al 1990.

Mike diventa presto l’uomo-immagine delle televisioni Fininvest e sarà il primo di molti altri transfughi che dalla Rai si trasferiranno al network privato (Corrado, Sandra e Raimondo…).

A Canale 5 Mike ripropone un format di successo presentato in Rai: “Flash” diventa “Superflash”.

Il gruppo del patron Berlusconi fa acquisizioni: entrano nel network Italia 1 e Rete 4 e la concorrenza con la Rai diventa paritaria.

Mike è una fucina di idee: “Penthatlon” – quiz di abilità; l’autocelebrativo “Tele Mike” – quiz puro che viene sfornato per ben 186 puntate.

Questi successi lo portano ai vertici del network: diventa vicepresidente Fininvest nel 1987 e nel 1990 vicepresidente della rete madre, Canale 5.

Il successo e la scalata nei vertici societari non lo distolgono dal suo lavoro. Convince Berlusconi a comprare il format di quella che sarà la trasmissione più longeva tra quelle ideate e condotte da Mike: “La ruota della fortuna” va in onda dal 1989 al 2003 in orario pre-serale, immediatamente prima del TG5 in onda alle 20, per espressa volontà di Mike in diretta concorrenza al TG1 Rai

Anche in Fininvest, che poi diventerà Mediaset, l’apporto di Mike è prolifico e variegato. Si succedono trasmissioni a quiz per adulti e bambini, spettacoli musicali e di intrattenimento, tutti col sostegno pubblicitario di molteplici aziende. A lui si affiancano volti sconosciuti che con lui troveranno fortuna e notorietà (Simona Ventura, Paola Barale, Miriana Trevisan, Antonella Elia…).

LA PUBBLICITA’

La sua notorietà e la sua esperienza maturata al lavoro nelle radio negli Stati Uniti, ha fatto sì che la pubblicità si interessasse di lui, e viceversa.

Uno dei primi sketch di “Carosello” (primo programma pubblicitario RAI in onda dal 1957 al 1977, dopo il quale tutti i bambini andavano a letto) vedeva Mike protagonista. Memorabile quello di una nota grappa sul Cervino, montagna a lui cara: capitò che durante la registrazione dello spot sulla cima del monte, Mike rischiò la vita, a causa dell’abbassamento delle nuvole e del forte vento. Una vera e propria bufera, per cui dovette legarsi alla croce, in attesa che l’elicottero lo prelevasse in salvo. Ancora una volta fortunato!

La pubblicità è sempre stata presente nelle sue trasmissioni con sponsor di ogni genere e marca.

Anche quando ormai era lontano dalle tv, lo si è visto a fianco di Fiorello in spassosi siparietti comici pubblicitari, iconico e fortemente autoironico.

LA VITA PRIVATA E LA MORTE IMPROVVISA

La separazione dei genitori, quando il piccolo Michael aveva solo 10 anni, ha inevitabilmente segnato la vita di Mike.

Dopo un primo, fugace matrimonio nel 1948 con una cantante lirica italo americana, Rosalia Maresca, sciolto dalla Sacra Rota, nel 1968 sposa a Parigi Annarita Torsello, conosciuta durante le registrazioni di un “Carosello”, ma tra i due non c’è compatibilità e il matrimonio finisce di lì a poco.

Nel 1969 conosce l’amore della sua vita: una giovanissima Daniela Zuccoli, che sposerà nel 1972 e che diventerà la madre dei suoi tre figli (Michele Pietro Filippo 1972, Nicolò 1976 e Leonardo 1996).

Un’ unione che durerà, solida, sino all’improvvisa scomparsa di Mike, l’8 settembre 2009 a Montecarlo dove erano in vacanza.

Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, decide per i funerali di Stato: anche qui, una prima volta assoluta per un personaggio dello spettacolo.

Il 12 settembre, sul sagrato del Duomo di Milano, è presente una folla straripante di gente comune, personaggi politici, dello spettacolo, dell’industria. Si contano più di diecimila persone e la cerimonia funebre trasmessa in diretta sia sulla Rai che sulle tv Mediaset e Sky.

Una cosa è certa – dirà nel suo ricordo il “rivale” Pippo Baudo – noi siamo coristi, mentre tu, caro Mike, sei stato il solista”.

Un anno dopo la famiglia presenterà la “Fondazione Mike Bongiorno” con finalità benefiche per i bambini e i meno abbienti; nel “Sanremo” del 2013 verrà inaugurata una statua che lo vede nell’iconico saluto “Allegria!”; viene riproposto varie volte in tv, in sua memoria, “Rischiatutto” e nel decennale della scomparsa viene trasmesso dalla Rai un documentario biografico.

Nel giugno del 2024, in occasione del centenario della nascita, Gerry Scotti – designato dallo stesso Mike come suo erede nella conduzione dei quiz – presenta un’edizione de “La ruota della fortuna”.

A Palazzo Reale di Milano, dal 17 settembre 2024 al 17 novembre 2024 viene allestita una mostra che ripercorre tutta storia personale e professionale di Mike.

Link

FONDAZIONE MIKE BONGIORNO

Mike Bongiorno 1924-2024 SilvanaEditoriale

Radio Caterino: un appuntamento (quasi) quotidiano con musica…ed altro.

Le esperienze musicali (e di vita) di Andrea Scarso.
di Enrico Daniele

Molti di voi avranno già sentito parlare di Andrea Scarso o, per meglio dire, Caterino Washboard” Riccardi o più semplicemente, Caterino.

L’eclettico musicista del piovese, frontman e fondatore dei Fireplaces  con il suo partner storico Carlo Marchiori (clicca qui per le info sul gruppo), era balzato agli onori della cronaca padovana e alla notorietà musicale nel maggio del 2013, grazie ad una avventurosa e fortunata apparizione allo Stadio Euganeo, nientemeno che sul palco di Bruce Springsteen e della E Street Band, dove il nostro si è esibito con la sua ormai famosa washboard di latta, suonata con un paio di cucchiai da cucina (clicca qui per il video della performance).

 

Caterino e la sua washboard (foto di Massimo Sardena)

Bene, dicevo, molti di voi lo conosceranno perché da quel 2013 le sue quotazioni musicali hanno subito una notevole impennata (n.d.r. io stesso lo invitai ad un contest, subito dopo quel fortunoso evento).
Infatti, nel tempo, con le sue band ha calcato innumerevoli palcoscenici padovani, veneti e nazionali, spingendosi dalle Alpi sino in Calabria. Tuttavia, il suo indomito spirito lo ha anche portato, con i Fireplaces, aldilà dell’oceano, per esibirsi in America, nei luoghi dove è nato il sound che caratterizza il suo stile musicale (folk roots rock americano).

Mente ispirata, Caterino utilizza con assiduità i social e, da qualche tempo, si è inventato “Radio Caterino”, un appuntamento (quasi) quotidiano su Facebook.

Tramite una dialettica diretta, senza badare né alla punteggiatura e men che meno alle maiuscole o altre cose da “terza elementare”, Caterino va via diretto, senza ostacoli, raccontandoci con accorata enfasi, le sue esperienze di vita e delle coincidenze sonore che ne derivano.
Ne esce così uno spassoso diario che, tra l’altro, ci svela aneddoti e scoperte musicali poco note ai più, ma che vale la pena di conoscere.

Scoperte che solo un innamorato della musica (e non solo: Caterino, oltre ai cucchiai di cui sopra, sa usare molto bene anche forchetta e coltello) poteva conoscere.

 

Le iniziative di Andrea Scarso alias Caterino “washboard” Riccardi:

The Fireplaces (Folk roots rock)
John Beer (soul funky)
Radio Caterino

Back to the origins

Grazie all’invito di Michele del Parco Prandina, Venerdì 23 Agosto 2024 dalle ore 19.30 avrò l’opportunità, dopo tanti anni, di ripresentarmi al pubblico dietro una consolle dj.

“DallAmeriCaruso. Il concerto perduto”

Per gli 80 anni dalla nascita di Lucio Dalla il docu-film sarà nelle sale cinematografiche il 20, 21 e 22 novembre.
A Padova al Porto Astra, al Lux e al The Space Cinema di Limena.
di Enrico DANIELE
(fonte Radio Capital)

La copertina del vinile in ristampa

Era il 1986 e al Village Gate di New York, che fu tempio del jazz, Lucio Dalla si esibiva in uno straordinario concerto live le cui riprese, in parte perdute, sono state recuperate, restaurate e rimasterizzate, ora a disposizione del pubblico nei giorni 20, 21 e 22 novembre in moltissime sale italiane.

A 80 anni dalla nascita, questo è l’ennesimo tributo al grande artista bolognese, scomparso a Montreux (sede di un celebratissimo festival jazz) il 1° marzo del 2012.
Il film, per la regia di Walter Veltroni, ripercorre i momenti magici di quel concerto, ma racconta anche la genesi di “Caruso”, brano portante dell’album “DallAmeriCaruso”, pietra miliare della discografia di Dalla con più di 38 milioni di copie vendute nel mondo.
Dalla scrisse la canzone successivamente al concerto live di New York.

Si trovava al largo del golfo di Sorrento, quando restò in panne col “Catarro”, la sua barca, e fu rimorchiato in porto. Trascorse la notte all’Hotel Excelsior dove alloggiò nella stanza che fu di Enrico Caruso. Dal racconto che ne fece il barista dell’hotel, nacquero testo e musica della canzone che è un tributo ad un amore “impossibile” (la leggenda vuole che Caruso, ormai malato ed in fin di vita si fosse innamorato di una sua allieva), ma anche un inno alla canzone napoletana e melodica italiana.

Un capolavoro che mancava al live registrato a New York, che Dalla introdusse cambiando il nome originario all’album (DallAmerica) che diventò appunto “DallAmeriCaruso”, dove Dalla è accompagnato dalla sua band, gli Stadio.

Nel docu-film sono molti i personaggi che danno la loro testimonianza, ripercorrendo sia i momenti del concerto live ma anche quelli della scrittura di “Caruso”.
Per gli appassionati, è prevista anche l’uscita (il 1° dicembre – Sony Music) di un doppio cd, un doppio vinile (una versione in nero e una colorata) del concerto dal titolo “DallAmeriCaruso – Live at Village Gate, New York 23/03/1986”.

Luna Rossa: Harry Hole ha fatto tredici.

di Enrico Daniele.

Luna Rossa“, edito da Einaudi e uscito in Italia il 9 maggio 2023, è il tredicesimo capitolo della saga di Harry Hole, poliziotto della squadra anticrimine di Oslo.

Nato dalla florida penna di Jo Nesbø, nell’ultimo romanzo leggiamo di un Hole uscito dalla polizia e trasferitosi a Los Angeles, distante dal suo tormentato passato e dagli incubi di un vissuto che gli ha lasciato lividi indelebili: nel volto, la lunga cicatrice color fegato e due occhi perennemente iniettati di sangue, e nella mente, il ricordo fisso di Rakel, l’unica donna che abbia amato veramente, e quello dell’amico Bjorn, entrambi tragicamente scomparsi.
Senza più nulla – o quasi – per cui valga ancora la pena di vivere, Hole si rassegna al solo progetto di bere sino ad uccidersi.

Ma nella città californiana dopo l’incontro con Lucille, una vecchia ex attrice condannata a morte dal clan della droga per un enorme debito insoluto, Hole ritrova lo stimolo a procrastinare la sua voglia di oblio per aiutarla, riuscendo a posticipare la scadenza di pagamento, anche se solo di sette giorni.

Per recuperare il denaro che salverebbe Lucille, accetta malvolentieri l’incarico per dimostrare l’innocenza di Markus Røed, un ricco norvegese dalla doppia personalità, accusato del raccapricciante omicidio di due ragazze, ma l’unico in grado di sborsare l’ingente somma.

Harry indossa nuovamente i panni dell’investigatore diventato un mito tra gli allievi della scuola di polizia di Oslo, stavolta però in indagini parallele alla squadra Anticrimine, ora guidata da Katrine Bratt (che scopriremo essere molto più che una sua ex collega) e aiutato da una squadra formata da amici fidati e da un ex collega corrotto.

Teatro la solita Oslo dove, in rapidissima successione perché il tempo per salvare l’amica è poco, appariranno tutti gli elementi che hanno contraddistinto la saga dei romanzi incentrati su Hole: l’immancabile criminale pazzo, rancoroso e raccapricciante omicida, le storie parallele di personaggi che vivono nel romanzo in un continuo intercalare di scene, e alcune sorprese che ci fanno scoprire un lato sconosciuto di Hole, lasciando spazio a futuri sviluppi della fortunata saga.

In “Luna Rossa” Nesbø ci porta sino ai limiti estremi del thriller classico, sfiorando l’horror senza tuttavia valicarne la soglia, impressionando per l’accuratezza nel descrivere nei minimi dettagli le vicende, anche le più crude, che il lettore vede nette, chiare come in un film. Precisa l’introspettiva delle personalità dei protagonisti e l’intreccio delle storie che fanno di “Luna Rossa”, a mio parere, uno tra i più bei romanzi della saga di Harry Hole.

Ricordando Lucio Battisti

Lucio Battisti (foto dal sito Raiplay)

di Angelo Volpe

(tutte le immagini sono tratte dal sito Raiplay)

Pochi giorni fa ricorreva il 25.mo dalla scomparsa di Lucio Battisti. Su Raiplay è disponibile un interessantissimo documentario che ne fa un ritratto, per parole, musica e immagini, con il contributo di quanti con lui hanno collaborato negli anni d’oro della sua carriera. Primo fra tutti Giulio Rapetti, in arte Mogol, l’autore-poeta per antonomasia delle sue canzoni. Quelle che lo hanno consacrato per sempre nei cuori di chi lo amava e apprezzava.
Nato nel 1943, oggi sarebbe ottantenne se una malattia (mai chiarita ufficialmente, sembra fosse un linfoma al fegato) non se lo portò via nel 1998 a soli 55 anni. I suoi album (33 giri) e i suoi singoli (45 giri) hanno coperto un arco di tempo che va dalla metà degli anni 60 fino al 1994, data di pubblicazione del suo ultimo disco. L’apice del suo successo furono gli anni 70, dalla pubblicazione dell’album Emozioni in poi. Già sul finire di quel decennio la parabola del suo successo cominciò la fase discendente. Un piccolo, ma inesorabile declino, dovuto principalmente alla rottura del suo sodalizio con Mogol.

Giulio Rapetti, in arte Mogol: un indimenticabile, lungo e proficuo sodalizio con Battisti. (foto dal sito Raiplay)

La carriera di Battisti è infatti divisa in due tronconi, il periodo con Mogol e quello con Pasquale Panella. Chissà, probabilmente il cambio del paroliere-poeta ruppe qualcosa nello spirito creativo di Lucio, forse con Mogol si era creata una intesa e una armonia umana e artistica irripetibile. Fatto è che il successo dei primi anni 70 non tornerà più.

Lucio è un cantautore entrato di prepotenza nella storia della musica italiana e nei cuori di una generazione di italiani. La mia generazione. Quegli anni segnarono l’esplosione del fenomeno dei cantautori, basti ricordare un paio di nomi fra tutti: Francesco De Gregori e Francesco Guccini. Artisti molto diversi tra loro per stili musicali e tematiche, figli, ciascuno in modo proprio, di quegli anni difficili di grande turbamento sociale.
Lucio Battisti ha segnato un’epoca e una generazione, ma il suo estro e la sua poetica sono andati oltre. Tant’è che ancora oggi ne parliamo, lo celebriamo e ascoltiamo le sue canzoni. Credo che anche le nuove generazioni non siano immuni al fascino di Lucio Battisti. Sarebbe interessante sapere se vi siano dei sondaggi che ci dicano se e quanto Lucio sia conosciuto e apprezzato oggi. Personalmente, quando mi succede di sentire alcuni dei suoi brani, ancora oggi sento una stretta al cuore come quando ero ragazzo e andavo al liceo.
Grazie Lucio (e grazie Mogol).

Il giovane Montalbano

di Angelo Volpe
(immagine di copertina dal sito Raiplay)

Michele Riondino, attore protagonista nella fiction Rai “Il giovane Montalbano” (foto dal sito supereva.it)

L’ altra sera è andata in onda su Rai 1 la replica de Il giovane Montalbano, il prequel del 2015 della serie Il commissario Montalbano che ne riprende le vicende tornando indietro nel tempo a quando Montalbano era un giovane commissario alle prime armi. Ovviamente sempre tutto nato dalla penna del maestro Camilleri.
A distanza di non pochi anni dal primo passaggio tv rimane ancora un prodotto ben fatto, che si lascia guardare e godere facilmente. Avercene…! In mezzo a tutto quel ciarpame che è la produzione di fiction della Rai è una specie di mosca bianca.
A chi se lo fosse perso suggerisco lo streaming gratuito su Raiplay, anche perché privo di interruzioni pubblicitarie.
Michele Riondino e Sarah Felberbaum sono perfetti nelle loro parti (Salvo e Livia) e Sarah in particolare è forse la migliore Livia dell’intera produzione, anche del Montalbano “vecchio”, che di interpreti di Livia ne ha cambiate anche troppe e spesso non con lo stesso appeal.
Purtroppo su Raiplay non ho trovato la serie principale, ormai storica, con Luca Zingaretti. Non avendo visto le numerosissime repliche andate in onda e quindi mi piacerebbe molto rivederla. Speriamo che prima o poi venga resa disponibile anch’essa in streaming.
P. S. Si è capito che sono un fan di Montalbano e del maestro Camilleri, sia nella versione televisiva che letteraria… ?

RAFFA, il ritratto inedito di un’icona senza tempo

Da venerdì 7 nelle sale padovane, RAFFA il docufilm che racconta la parabola artistica di Raffaella Pelloni, in arte Raffaella Carrà.

Daniele Lucchetti, che ne ha curato la regia, negli oltre 180 minuti del film racconta in maniera esaustiva e puntuale la storia dell’artista riminese (era nata a Bellaria) che proprio quest’anno avrebbe compiuto gli ottant’anni, esattamente come altri due celebratissimi miti, Dalla e Battisti.

Oltre 1500 immagini di repertorio e il racconto di chi l’ha conosciuta da vicino esaltano la figura di un personaggio diventato icona nazional popolare: Rosario Fiorello, Barbara Boncompagni, Salvo Guercio, Caterina Rita, un commosso Tiziano Ferro, Nick Cerioni, Enzo Paolo Turchi – che l’ha accompagnata in migliaia di balletti e Bob Sinclar, che ha realizzato un azzeccatissimo remix di uno dei tormentoni della Carrà – A far l’amore comincia tu – che spopola in tutte le radio.

Divisa in tre parti, la storia inizia con la partenza di Raffaella da Bellaria per Roma con la madre, in cerca di fortuna, ma in assenza del padre, che aveva abbandonato la famiglia disinteressandone totalmente (un richiamo, quest’ultimo, che durante il docufilm viene ripetuto più e più volte, a mio parere fin troppe. Come altrettante volte viene rimarcato il carattere deciso e autoritario della mamma).

Il racconto intreccia continuamente il “pubblico” e il “privato” di Raffaella dove, tuttavia, è sempre la Pelloni a prendere il comando sulla Carrà, determinata e ostinata a perseguire i suoi obiettivi, mentre della Pelloni privata non traspare praticamente nulla, tanto alto era il muro eretto dalla Carrà a protezione della sua sfera privata.

E così la sua trasferta in America, per tentare la strada del cinema, risulta una parentesi che non le dà troppa soddisfazione, mentre al ritorno in Italia, in Rai Raffaella porta innovazioni che a quel tempo fecero gridare allo scandalo i perbenisti: il balletto del “Tuca Tuca” con Enzo Paolo Turchi e l’ombelico in bella vista di Raffaella viene messo alla gogna dalla censura ma prontamente svincolato dall’Albertone nazionale che ne sdrammatizza il significato durante una famosissima puntata di Canzonissima del 1971. Lo sdoganamento dell’ombelico spiana la strada del successo alla Carrà che inanella un’affermazoone dietro l’altra. Finché non si stanca e cerca altri stimoli.

Si trasferisce in Spagna dove la accolgono grazie all’eco dei successi italiani e la fanno diventare immediatamente una star, anche a scapito delle artiste spagnole, che non la prendono proprio bene, ancora ingessate come erano nelle riproposizioni delle danze tradizionali.

E di nuovo il ritorno in Italia, in Rai, poi a Mediaset dove Berlusconi sta lanciando le sue tv con il “trash”che le ha contraddistinte e dove la Carrà ne diventa una (involontaria?) interprete.

E nuovamente il ritorno in RAI in una nuova veste e in una nuova fascia oraria. Con “Pronto Raffaella?” la Carrà entra nelle case degli italiani a mezzogiorno, orario assolutamente insolito per una show girl del suo calibro, che tuttavia – come le altre volte – aveva colto il momento di cambiare il proprio registro artistico. Un successo che la farà diventare sorella, mamma, moglie, compagna degli italiani incollati al teleschermo e con la cornetta in mano, nell’improbabile tentativo di indovinare il contenuto in fagioli della boccia di vetro. Con “Carramba che sorpresa” l’apice dell’ultima parte della carriera artistica di Raffaella che nel programma rivela tutto il suo lato umano nell’aiutare le persone a reincontrarsi e, in alcuni casi, a riappacificarsi.

Tre ore che passano veloci come una sorta di megaTecheté, che meritano la visione perché ci restituiscono una Carrà che non vorremmo dimenticare e far conoscere alle future generazioni.

Enrico Daniele

La scomparsa di Damiano Bianchi

Anche noi abbiamo ricevuto la tragica notizia della scomparsa, lunedì 7 marzo 2022 di Damiano Bianchi, trentenne batterista jazz di Selvazzano Dentro, vittima di un incidente nelle acque del fiume Astico nel vicentino. La dinamica non è chiara, tuttavia pare che Damiano sia scivolato sulle rocce e caduto in un punto dove il fiume è piuttosto profondo. Così si evince dalle cronache riportate sui quotidiani.

Damiano (primo a sinistra nella foto di copertina) era da poco diplomato al conservatorio ed era un ottimo batterista, stimato dai tanti colleghi che lo hanno ricordato con numerosi post sui social. “Un giovane raffinato e talentuoso” come lo definisce Paola Bianchi, zia di Damiano, che ci ha pregato di pubblicare alcune foto in sua memoria, scattate durante un concerto all’ospedale Fracastoro di San Bonifacio (VR).

Lo facciamo molto volentieri unendoci al cordoglio della famiglia.

 

Schermarena event: Laura Pirri inaugura il nuovo contenitore di sport e cultura

Sarà il primo evento dell’estate 2021 nella nuova sede di Padova Scherma.

Laura Pirri: a lei il compito di inaugurare la Schermarena event.

di Enrico Daniele.    

Padova Scherma è la società sportiva che porta in eredità la grande tradizione schermistica padovana. Le sue radici, infatti, affondano sin nel 1969, anno in cui all’Antonianum di Padova venne costituita per la prima volta la divisione schermistica della U.S. Petrarca.

Nell’estate del 2021, Padova Scherma si è data una nuova immagine e una nuova sede, più razionale e mirata allo sviluppo del nuovo progetto sportivo.
Non solo sport però. C’è dell’altro.

Ci sembra importante – ci dice il presidente di Padova Scherma Alessandro Stefanellodare l’opportunità a tutti di riconquistare attraverso lo sport e la cultura un ambito di convivialità e solidarietà.  Apriamo i nostri spazi per questo”.

Nasce così “Schermarena event”, un contenitore che vuole coniugare questi due aspetti di sana aggregazione.

Giovedì 22 luglio, infatti, nell’arena posta all’esterno della sala di allenamento, si terrà il primo evento musicale e per l’occasione sul grande palco si esibirà Laura Pirri, interprete che non ha bisogno certo di presentazioni (clicca qui per la biografia completa)

Nota al pubblico per le sue straordinarie doti canore, che le permettono di spaziare agevolmente nell’impegnativo repertorio di pilastri della musica italiana come Mina e Battisti, per l’occasione la Pirri allargherà l’orizzonte sul pop italiano e internazionale, ma anche sul rock e nel soul, altro punto forte della brava cantante padovana.

Ad accompagnarla tre musicisti di spessore: alla chitarra Simone Bortolami, al basso il suo compagno nella vita, Carlo Rubini, mentre alle percussioni troveremo l’eclettico Alessandro Arcolin.

L’evento si svolgerà nel pieno rispetto delle normative Covid-19, motivo per cui è richiesta la prenotazione, al fine di gestire al meglio la serata.

La ristorazione sarà affidata a Cinzia e Piero Mariotto che saranno presenti con il loro caratteristico furgoncino da street food “La Paella di Piero”.

Il furgo-food di Cinzia e Piero Mariotto: una paella d’autore

IN CASO DI MALTEMPO LA SERATA SARA’ POSTICIPATA AL 29 LUGLIO

Per info e prenotazioni:
Enrico 347 536 80 40   info@musikkoman.it
Alessandro 366 929 20 73 info@padovascherma.it

La Paella di Piero: clicca qui per tutte le info

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